Fonosfere oniriche in alcuni racconti di Caterina Percoto
Streszczenie
This study explores the hermeneutics of the oneiric phonosphere in three short stories— Reginetta (1846), La coltrice nuziale (1850), and La fila (1854)—by the Friulian writer Caterina Percoto (1812–1887), known as the “peasant countess” (Valussi, 1889, p. 10). Drawing on Schafer’s (1977) theory of soundscapes—which encompasses both the spatial dimension and its distinctive sonic texture, including geophonies and biophonies, as well as the anthropological sphere, namely anthrophonies (Krause, 2012) —this analysis extends to the dream world, conceived as both a “reflection” and an “inversion” of reality. Within this framework, key elements of Percoto’s work emerge: the depiction of the Friulian rural landscape, a central motif in her poetics, and her strong socio-political engagement. Percoto’s dreamlike soundscape is shaped primarily by the sounds of nature; yet, human presence is never entirely absent. The auditory dimension of dreams serves to enrich and redefine a specific historical moment, where the often harsh sounds of the countryside accentuate the struggles of daily life. Oneiric anthrophonies play a dual role, conveying both individual and collective moral tensions while reflecting the suffering of the common people and the turmoil of combatants. In this interplay between biographical elements and ideological aspirations, silence itself becomes a powerful presence, heightening the profound and unsettling nature of human suffering. Il presente contributo si propone di elaborare un’ermeneutica della fonosfera onirica emergente da tre racconti – Reginetta (1846), La coltrice nuziale (1850) e La fila (1854) – della “contessa contadina” (Valussi, 1889, p. 10), la scrittrice friulana Caterina Percoto (1812-1887). Mutuando dagli studi di Schafer (1977) sui soundscapes, che inglobano sia la dimensione spaziale e il suo peculiare impasto sonoro, geofonie e biofonie, che quella antropologica, ovvero le antropofonie (Krause, 2012), l’analisi si estende all’immaginario onirico, quale “specchio” o “ribaltamento” del reale. In questa cornice emergono alcuni elementi qualificanti sia del paesaggio rurale friulano, precipuo nella poetica dell’autrice, sia del suo impegno socio-politico. Il paesaggio sonoro onirico di Percoto è modulato più frequentemente dai suoni dei fenomeni naturali pur senza escludere la presenza umana. La dimensione onirica e i suoi suoni diventano dunque un valore aggiunto nel ridefinire una precisa congiuntura storica, in cui le sonorità, talvolta aspre, del mondo agreste, potenziano le difficoltà vissute dal consesso umano. Alle antropofonie oniriche si affida il duplice compito di presentare le tensioni morali, individuali e sociali, rivolte alla dolorosa realtà del popolo nonché dei combattenti, andando a fondere motivazioni biografiche ad aspirazioni ideologiche. Non ultimo, il silenzio che insiste sul senso di profonda, perturbante sofferenza del singolo.
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