Redness as Perceived through the Eyes of the Romans

Abstract

The article is an attempt to revise the long-established belief in the alabaster-white exterior shape of Roman antiquity, which in fact turns out to be full of colours that bring life to its image. The authors implement this intention by indicating how intensely the colour red was present in the reality described by classical Latin authors – contrary to the accusation that one of the participants of the discussion on this subject in Aulus Gellius’ Attic Nights (Gell. Noc. Att. 2.26) makes of the alleged poverty regarding various shades of red in Latin terminology. The material presented contradicts the opinion expressed in Gellius’ text, and at the same time makes us realise how colourful and lively the world that emerges from the literary works of the classical Roman period was. In comparison with it, the reality witnessed by the literature of the Christian era – this parallel is what the authors of the article focus on, concluding their deliberations – in which red becomes almost exclusively a sign of shame, turns out to be ascetically sterile and depressingly colourless.

L’articolo è un tentativo di rivedere l’antica credenza della realtà romana nella sua visione esterna bianca alabastro. Rievocando la discussione di cui Aulo Gellio narra nel suo scritto “Le notti attiche” (Noctes Atticae 2.26), gli autori ricordano che la lingua letteraria latina rappresenta con sfumature e gradazioni del colore rosso diverse evidenze di un’unica umanità e di una stessa natura di piante, uomini e animali contraddistinti da uno stesso colore cangiante nel tempo e a seconda delle stagioni. Il materiale richiamato giova quindi a smentire l’opinione ventilata da Gellio e allo stesso tempo, proprio attraverso i richiami letterari, fa capire quanto fosse colorato e vivace il mondo che possiamo conoscere grazie alla tradizione letteraria di quell’epoca classica latina. In relazione ad essa sta oggi la visione e la testimonianza che ne dà la letteratura cristiana. Concentrando la loro ricerca su questo parallelo, gli autori osservano che nella letteratura cristiana il colore rosso è diventato per lo più, se non proprio esclusivamente, un segno di vergogna o di ribellione rivelandosi, al fine, come segno di vergogna e di rivolta o opposizione asceticamente sterile e deprimentemente incolore.