Analisi di enunciati ironici nella lingua italiana della cultura e dei media tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI
Abstract
Di ironia ci si occupa fin dall’antichità. Questo elemento della comunicazione (in questa veste la si è studiata in queste pagine), che può essere espresso anche senza l’ausilio delle parole, è da sempre al centro di un mai sopito dibattito, ad opera di studiosi appartenenti a varie discipline. A causa di tale motivo, è risultato essenziale, per iniziare il presente studio, muovere da un’operazione di inquadramento dell’ironia, sia attraverso l’uso di immagini atte a simbolizzare le principali forme di ironia, sia, successivamente, procedendo in direzione dello studio dell’etimologia. Il passo successivo dello studio presentato in queste pagine è stato quello di stilare un excursus storico sulle varie accezioni di ironia. Nel corso dei secoli, all’idea primordiale si sono aggiunte accezioni complementari: agli inizi εἰρωνεία eironeia è sinonimo di poliformicità (πολυτροπία, politropìa, ed è interessante notare come πολύτροπος — politropòs, multiforme — è l’ingegno di Ulisse nell’Odissea). A questo significato si aggiunse presto quello di ipocrisia, falsità o finta ignoranza: chi parla con ironia è visto come un mentitore, un dissimulatore, uno che nasconde un secondo fine. L’ironia, quindi, che è sentita come elemento connesso con la menzogna, con Socrate diventa lo strumento per svelare la verità (ἀλήθεια, alèteia); ma nell'accezione classica resta un elemento che porta all’interpretazione, e pertanto, alla δόξα, doxa ‘opinione’, piuttosto che al λόγος, lògos ‘pensiero, essenza’. Fino ad oggi, in ogni periodo storico che ha attraversato, l’ironia si è sempre arricchita di ulteriori valori e valenze culturali.
Un elemento che si è rilevato importante, nel corso di questo studio sugli enunciati ironici in lingua italiana contemporanea, è il profondo rapporto che l’ironia ha con antifrasi e antitesi. Se per la tradizione retorica l’ironia è sinonimo dell’antifrasi, così non è per la concezione “moderna” dell’ironia, che la vede, invece, come un elemento che aggiunge nel discorso un qualcosa d’altro, rispetto al significato letterale. Ci ha colpito, a questo proposito, un brano, appartenete al corpus, tratto dal Pendolo di Foucault di Umberto Eco, in cui l’autore riesce a nominare, ironicamente, proprio questo concetto:
“(…), mi ha accolto il sospetto che quelle pagine dicessero Qualche Cosa d’Altro. E se l’automobile esistesse solo come metafora della creazione? (…)”
Il materiale raccolto nel corpus rappresenta una ideale rassegna di espressioni ironiche in lingua italiana standard, ricercate nei più vari campi mediali. Esso abbraccia il periodo che va dagli anni ’70 del XX secolo ai giorni d’oggi.
Un caso particolare riguarda un documento in italiano, ma non proveniente dall’Italia: si tratta di un cartellone plebiscitario della Svizzera italiana, che si è rivelato come un inatteso evento di ironia involontaria.
Si è potuto, poi, analizzare anche un caso specifico di ironia non riuscita. In questo ambito è da notare che l’enunciato, malgrado non abbia funzionato secondo le intenzioni di chi parla, viene comunque interpretato come un esempio di ironia situazionale.
Per ottenere la completezza dei dati, infine, si è proceduto all’analisi, di un insieme di enunciati (provenienti da varie categorie mediali) tutti riferibili ad un solo personaggio eminente della cultura popolare italiana: il gruppo musicale Elio e le Storie Tese. La scelta è ricaduta su questa band per il frequentissimo uso dell’ironia all’interno della comunicazione.
Molteplici sono le modalità con cui l’elemento ironico viene introdotto nell’enunciato. È stato possibile osservare come, alla base di essi, sia sempre presente la presenza di una esagerazione, di un “corto circuito”, di un paradosso, o di un assurdo, avente la funzione di segnale per l’ironia. Questo fenomeno è osservabile nel caso di enunciati ironici caratterizzati da: contrasto tra quanto detto e quanto avviene nel contesto; senso di bugia e di menzogna nell’enunciato; paradosso; incontro di due o più elementi che creano un senso di illogicità; allusione ad un significato celato; uso di termini spinti oltre il loro significato normale; errori linguistici; termini non attinenti al contesto appropriato e/o forti rispetto ad esso; tono della voce, o anche pause di silenzio; giochi di parole; frasi idiomatiche. Più velata, ma comunque riscontrabile, è la medesima componente di contro-senso in quegli enunciati ironici che sono basati sull’utilizzo di segni (parentesi, apici e virgolette, o anche gesti fatti con le mani — primo fra tutti le air quotes — o ammiccamenti).
Un dato che contraddistingue l’ironia è la sua caratteristica di saper aggiungere forza all’enunciato, forza che può significare anche violenza quanto più si avvicina al sarcasmo. L’ironia non ha infatti bisogno di urlare per essere potente; per questo è possibile dire se l’ironia possedesse un corpo, esso sarebbe di massa “subatomica”, in quanto in grado di attraversare qualsiasi barriera fisica: l’ironia è in grado di arrivare ovunque, nonostante e/o malgrado barriere linguistiche, culturali, censurali.
L’ironia è anche gioco e rivoluzione: più gioco quella classica, basata sulla tradizione retorica; più rivoluzione quella moderna, una ironia che — per così dire — non lascia il mondo così come l’ha trovato: lo sovverte, lo mette sottosopra, in una certa componente lo trasforma.
L’ironia sa esprimersi senza parole, non ha bisogno di enunciare parola per parola, per esprimersi, e anzi trae energia proprio da una mancanza (apparente) di riferimenti diretti, nomi, parti di testo, riferimenti chiari e precisi. Questo elemento può essere considerato la base su cui si fonda l’ironia. Si tratta di un gap, un divario, tra emittente e ricevente, grazie al quale si crea una “differenza di potenziale”, una “corrente”, una forza che parte da chi parla e che tocca — o investe — l’altro termine della comunicazione ironica.
L’ironia può essere presente in tutti i generi di comunicazione (dalla retorica alla letteratura artistica, dal teatro al dialogo interpersonale, dalla domanda alla risposta silenziosa, etc.) e in tutte le forme mediatiche (dal web al cinema, dalla radio alla stampa, etc.): di volta in volta sarà ironia verbale, oppure drammatica, oppure anche situazionale, e/o della sorte.
Una particolare osservazione riguarda il legame tra ironia e atti linguistici diretti. Ci è parso particolarmente interessante il fatto che in queste pagine è stato registrato un caso di ironia come atto linguistico diretto:
“Conduttore: ...senti, non ti chiedo come ti vestirai se no mi dai una schiaffo quando mi incroci e c’hai anche ragione...
Intervistata: (ride)...ma niente di straordinariamente azzardato, assolutamente”.
Possiamo poi elencare gli elementi, che ci sembra di poter dire, costituiscono un elemento di novità emergenti dal lavoro qui presentato.
Un primo elemento, che abbiamo catalogato come espediente dell’ironia, interessa l’energia comunicativa all’interno dell’enunciato ironico. Si è osservato che il messaggio ironico consegna al destinatario una quantità di energia maggiore di quanta ne è servita per la sua realizzazione, come nell’esempio:
“Conduttore 1: il PIL non cala per la prima volta negli ultimi due anni…
Conduttore 2: (sospiro di sollievo) Oh…”
A differenza di altre forme di comunicazione in cui per ottenere un effetto “forte” occorre aumentare l’impeto nell’affermazione (ad esempio la domanda retorica, o l’esclamazione), l’ironia si fa veemente, fino ad arrivare al suo massimo livello tramite il sarcasmo, percorrendo la strada della sottigliezza, del detto in mezzo ai denti, sottovoce, a mezza voce.
Un secondo elemento, che ci pare originale, è l’inedito rapporto dell’ironia con un elemento proveniente dall’ambito dell’antropologia teatrale: il sats (salto). All’interno dell’enunciato ironico, infatti, si registra sempre la presenza di una carica, di un’energia: tutti elementi, questi, che combaciano perfettamente con la descrizione che Eugenio Barba fa dell’elemento del sats.
All’interno dell’enunciato, l’iperbole gioca un ruolo fondamentale. Si ritiene che questo tipo di esagerazione possa entrare a far parte dei segni per riconoscere l’ironia.
Un quarto elemento di novità, infine, consiste in una forma di ironia che, fino ad oggi, non ci sembra sia stata catalogata in un tipo a sé: l’ironia della citazione culturale: ovvero quel tipo di ironia che si basa su riferimenti ad una cultura specifica — nel presente caso quella italiana — di un certo periodo storico, e/o di un idioletto, oppure anche di un socioletto. (Si tratta, quindi, di un tipo di xenismo onomasiologico). Un dato, questo, che ci spinge a proporre questa nuova categoria per l’ironia.
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